ACCESSORI METALLICI SOSTENIBILI: FUTURO O PRESENTE?

Partiamo dalla fine: erano sostenibili ma non sapevano di esserlo!

Parlare di sostenibilità per Creazioni Lorenza non è una questione di facciata ma qualcosa in cui realmente crediamo, perchè la difesa del prodotto Made in Italy oltre che al saper fare, nel prossimo futuro, credo si fonderà proprio sulla sostenibilità.

Sostenibilità che è bene ricordare non significa solo attenzione all’ambiente ma anche altro, come ricordano bene le iniziali ESG: Enviromental, Social e Governance.

Parto da qui proprio per sottolineare che l’impegno alla sostenibilità ambientale non può e non deve limitarsi all’uso di materiali sostenibili per l’ambiente.

Certo la ricerca di materiali e di processi produttivi meno impattanti per l’ambiente devono essere una guida ma non possono essere l’unico parametro per definire un accessorio sostenibile.

Infatti, ritengo molto più appropriato il concetto di accessori realizzati in modo sostenibile che di accessori sostenibili tout court, ovvero accessori realizzati da aziende che hanno una sensibilità sicuramente verso l’ambiente in senso lato ma anche verso l’ambiente che li circonda come i propri dipendenti e le loro famiglie ma anche verso la comunità che le accoglie come il paese, il quartiere, la città.

Ecco che, grazie anche ai principi ESG, il percorso di produrre in modo sostenibile sta diventando ormai una strada non abbandonabile soprattutto per quelle attività che per dna utilizzano materiali che nel comune sentire difficilmente vengono identificati sostenibili. Sentiment che come vedremo tra poco è assolutamente non corretto.

E’ il nostro caso: noi siamo un’azienda metalmeccanica utilizziamo per la maggior parte ottone e tante volte, soprattutto all’estero, mi sono sentito dire “ma voi utilizzate anche materiali sostenibili?” e tutte le volte ho sempre notato stupore nei vari interlocutori al mio racconto che da sempre riutilizziamo gli scarti di produzione, che ormai da tanti anni l’ottone che utilizziamo è ottone di seconda fusione e quindi non proveniente da materiali provenienti dalle miniere, ovvero che abbiamo un produzione già da anni “zero waste” e soprattutto utilizzando un materiale che può essere riutilizzato all’infinito.

Fortunatamente da alcuni mesi anche per l’ottone, come già per i preziosi, si riesce ad avere la certificazione di “seconda fusione” del materiale utilizzato, certificazione che mi auguro possa portare ancora più convinzione che l’ottone non è un materiale di per sé “poco sostenibile” ma lo può diventare sicuramente se non utilizzato in un azienda che non produce in modo sostenibile.

Ecco perché la seconda parte della domanda nel titolo del mio intervento: da tempo gli accessori prodotti almeno nel distretto fiorentino/toscano sono sostenibili in quanto provengono da materiali di secondo utilizzo e per la maggior parte sono prodotti in aziende che rispettano norme ambientali molto più stringenti che in altre parti del mondo, aziende che sono socialmente responsabili delle leggi in materia di sicurezza e impiego dei propri dipendenti e fiscali.

Questo non vuole essere la difesa di una posizione di rendita ma ritengo importante sottolineare che per quanto riguarda gli accessori metallici, per la maggior parte in ottone, il punto attuale è già sicuramente più avanti di quanto si possa pensare.

Convinzione che abbiamo rafforzata grazie anche alla nostra recente certificazione Leaf, certificazione che, come molti di voi già sanno, per la prima volta ha l’obbiettivo di certificare la sostenibilità del singolo accessorio e che ci ha dato indicatori migliori di quelli che ci aspettavamo.

Vorrei dedicare un momento di pensiero verso la necessità richiesta dal mercato di utilizzare materiali diversi dall’ottone ed ancora “più sostenibili” almeno nel comune sentire.

Apro una parentesi doverosa prima di affrontare la questione altri materiali.

Il lusso ha la necessità sì di essere sostenibile, ma anche di dare durabilità ai propri oggetti e aggiungo di dare durabilità omogenea a tutti i componenti del prodotto: mi spiego meglio non ci deve essere l’accessorio che ovviamente si “scolora” troppo presto ma ritengo che non si possa neppure pensare di avere un accessorio ancora perfetto, come se fosse appena uscito di fabbrica, su una borsa vissuta e che proprio grazie al suo aspetto vissuto acquista ancora più fascino. Ovvero come disse Anna Magnani “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele!”

Parlando di sostenibilità quindi non si può non tener conto della durabilità del prodotto in quanto tanto più breve è la vita del prodotto, tanto più sarà necessario alzare il livello di sostenibilità del prodotto stesso.

Ma al contempo la durabilità non può non influenzare il materiale.

Prendiamo la famosa pubblicità di un orologio “Un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda” è ovvio che in quel caso quel prodotto deve utilizzare un materiale che risponda a quella affermazione indipendentemente che possa essere meno sostenibile di un altro.

Ecco che, tornando al nostro tema, dobbiamo considerare nelle valutazioni sulla sostenibilità dell’accessorio l’obbiettivo di durata dell’accessorio stesso.

Ecco che l’utilizzo dell’alluminio, che riteniamo molto sostenibile in quanto facilmente e altamente riutilizzabile in una seconda vita, ha però il limite di una delicatezza estrema che porta all’abbassamento della qualità dell’accessorio in poco tempo, mentre l’acciaio, individuato forse come meno sostenibile dell’alluminio, al contrario ha una prospettiva di vita molto lunga a performance estetiche praticamente invariate.

Ma, e qui riprendo il sentiment sulla sostenibilità dell’ottone, un materiale in partenza più sostenibile lo è anche alla fine del processo produttivo? Ovviamente sto parlando del campo di applicazione della produzione degli accessori metallici.

Tanto per capire di cosa sto parlando prendendo il tempo di lavorazione di una fibbia fatto 100 il tempo di lavorazione in ottone, abbiamo praticamente lo stesso tempo per realizzarla in alluminio mentre passando all’acciaio il tempo sale a 130/135 con l’utilizzo di maggior quantità di olio emulsionabile, già a parità di tempo, utensili più resistenti, che quindi già loro hanno avuto processi produttivi più lunghi. Quindi la stessa fibbia in acciaio avrà un impatto ambientale di produzione superiore di almeno il 30% all’equivalente in ottone al momento della realizzazione da cnc, a cui si dovrà aggiungere il maggior tempo di pulimentatura (quindi forse minor sostenibilità per l’operatore?) di circa il 50/60%, con ovviamente maggior utilizzo dei materiali di pulimentatura stessi.

Quindi quando parliamo di accessori sostenibili non dobbiamo limitarci alla sostenibilità del materiale di partenza ma dobbiamo arrivare al termine del processo produttivo.

A maggior ragione quando dobbiamo considerare anche la fase di finitura dei nostri accessori, finitura che può ulteriormente modificare il risultato di sostenibilità dell’accessorio stesso.

Partiamo dalla galvanica: in galvanica oggi la chimica non ha niente a che vedere con quella utilizzata 10/15 anni fa in termini di sicurezza per gli operatori in primis e per l’ambiente in genere. Oggi la maggior parte degli impianti di noi accessoristi almeno in Toscana, sono a circuito chiuso con il riuso di acqua fino alla saturazione della stessa, con zero immissioni in pubblica fognatura, con impianti di aspirazione e di rimessione dell’aria tali che consentono una qualità dell’aria respirata dagli addetti praticamente perfetta, un utilizzo dell’energia elettrica molto più contenuta rispetto al passato ovvero sono reparti, o aziende nel caso dei terzisti, assolutamente sostenibili.

Passiamo al pvd che rispetto alla galvanica ha il vantaggio della resistenza ma ha il limite del numero dei “colori ottenibili”, deposita minor prezioso, consuma meno acqua della galvanica ma ha un maggior impatto energivoro sul singolo pezzo prodotto, ha un costo maggiore di impianto e allo stato attuale, argomento da non sottovalutare, ha una capacità produttiva limitata. Inoltre, l’impatto di sostenibilità del pvd non è omogeneo su tutti i materiali in quanto ricordo che l’ottone richiede un passaggio preventivo in galvanica cosa di cui non necessita l’acciaio.

Ecco che l’ottone che potrebbe partire svantaggiato per composizione chimica, ma forse per il nostro utilizzo (ottone riciclato) non così tanto, consente alla nostra fibbia di trovarsi al primo posto prima della fase di finitura per il minor tempo di lavorazione nelle varie fasi.

A questo punto entra in campo il tipo di finitura voluta dove se realizzabile solo in galvanica consente un ulteriore allungo della nostra fibbia grazie al non necessario utilizzo del nikel wood rispetto all’acciaio mentre fa arretrare definitivamente al terzo posto l’alluminio (sempre ammesso che la fibbia fosse realizzabile in alluminio) per la “complessità” della cementazione e dei componenti utilizzati per realizzarla.

Se invece, si può per colore di finitura, si vuole utilizzare il pvd qui l’acciaio recupera ampiamente lo svantaggio rispetto all’ottone (non necessita di galvanica) e grazie alla durezza della superficie e quindi alla durevolezza dell’accessorio vince la gara con l’ottone.

Gara che neppure comincia se l’accessorio in acciaio può essere lasciato al colore acciaio in quanto non ha necessità della finitura e del relativo impatto ambientale di tale fase.

Pertanto, a mio parere, il materiale per l’accessorio più sostenibile in assoluto non esiste ma esiste quello più sostenibile in funzione dell’utilizzo che se ne vuole fare, del tipo di finitura richiesto e della relativa durabilità.

Tutto questo ovviamente senza parlare dei relativi costi in quanto troppo spesso ci dimentichiamo che la sostenibilità ambientale ha, e aggiungo deve avere, un costo, e che il peso di questi costi non è a sua volta neutro nella sostenibilità ESG dell’azienda che ha prodotto quell’accessorio.

Adesso nell’ultima parte del mio intervento apro una porta verso altri materiali quelli che tornando nei miei colloqui all’estero sono individuati più sostenibili ma poi chissà perché.

Brevemente vi racconto un caso di studio dove, grazie al Tacchificio Villa Cortese, abbiamo provato ad utilizzare il loro materiale per realizzare accessori di varia natura. Materiale assolutamente lavorabile con tempi in alcuni casi inferiore all’ottone, che al netto dei limiti tecnici di tenuta del materiale stesso, potrebbe essere utilizzato per realizzare accessori moda. E potrebbe essere poi finito con le tecniche utilizzate per finire i tacchi con risultati eccellenti.

Ma poi il diverso peso, la diversa consistenza e probabilmente la diversa durabilità rispetto all’ottone piacerebbe ai design e ancora più importante al consumatore finale?

Proprio il consumatore finale, che sta sicuramente cambiando grazie alla crescente sensibilità ambientale dei millenials prima e soprattutto della generazione Z poi, se opportunamente educato non riuscirebbe a comprendere che il lusso per la sua particolare durabilità dei prodotti è già sostenibile, e forse aggiungo lo è da tempo, e non ha bisogno di inseguire concetti propri della fast fashion?

Non sarebbe più opportuno insistere sulla sostenibilità di come si produce, dell’importanza dell’etica del lavoro, della salvaguardia di competenze decennali piuttosto che la ricerca di un nuovo materiale?

Concludo, ringraziandovi dell’attenzione, proprio con questo pensiero: erano sostenibili ma non sapevano di esserlo!

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